L’11 aprile u.s. si è svolto, presso la sede della Luiss School of Government, il Terzo Seminario a “porte chiuse” per facilitare un confronto franco ed informale, organizzato dalla nostra Associazione sul tema “Green Economy: verso una ripresa economica nella direzione della sostenibilità”.
Al workshop hanno preso parte esponenti delle istituzioni, delle imprese e del mondo accademico e scientifico: Marco De Giorgi, Segretario Generale del Ministero dell’Ambiente e Vice Presidente AGDP; Stefano Laporta, Direttore Generale ISPRA e componente Nuova Agenzia per il Nucleare; Corrado Clini, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente; Antonio Scino, Vicecapo Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico; Giuseppe Arcucci, Direttore Generale Area Investimenti Esteri Invitalia; Francesco Giorgianni, Responsabile Affari Istituzionali Enel; Marco Piredda, Responsabile Strategie e Studi legislativi Eni; Pietro Falletta, Ricercatore Luiss Guido Carli. Il ruolo di Moderatore è stato svolto dal Prof. Gian Candido De Martin – Direttore del Centro di Ricerca sulle Amministrazioni Pubbliche Vittorio Bachelet della Luiss Guido Carli – il quale ha introdotto temi principali ed il “filo rosso” dei vari interventiconsistente nell’auspicio di una ripresa economica orientata alla sostenibilità ambientale.
La relazione di apertura è stata svolta da Marco De Giorgi che ha messo, anzitutto, in rilievo l’attuale contesto della governance economica posta di fronte a due sfide legate adoppio filo, ovvero la ripresa dalla crisi del sistema finanziario e l’adempimento deglistringenti obblighi fissati in sede europea con il cd. pacchetto clima-energia. In tale contesto, le energie rinnovabili dimostrano di essere un settore strategico ed assaidinamico nell’ambito delle politiche di sviluppo, soprattutto in alcune aree europee più virtuose ed avanzate come la Germania dove si registra un’occupazione di trecentomila green jobs solo nel settore delle energie pulite. Per quel che concerne il nostro Paese, la copertura del fabbisogno nazionale dipende ancora per oltre l’80% dal petrolio, gas e carbone e solo per percentuali di una sola cifra, se non prossime allo zero, dalle energie rinnovabili (0,2% eolico, 0,25 solare, 2,9% biomasse, etc.). All’interno di questo quadro, è necessario oggi continuare con il sistema delle incentivazioni per promuovere la Greeneconomy operando su due livelli: tariffe feed in per i consumatori, ovvero tariffe incentivanti diversificate in base alla tecnologia prescelta e della dimensione degli impianti e sistema di tax credit per le imprese.
Ciò perché il sistema delle fonti rinnovabili (FER) non è ancora competitivo con quello delle fonti tradizionali: lo dimostra il fatto che la produzione di energia per le rinnovabili è “aggiuntiva” e non “sostitutiva” rispetto alle fonti tradizionali. Si aggiunga a questoanche l’attuale contesto in cui i costi di investimento per le rinnovabili rimangono ancora molto alti. Tra le misure più importanti adottate sin qui nel settore dal Ministero dell’Ambiente, figurano le iniziative collegate al POIN Energia e il cd. Fondo di Kyoto, un fondo rotativo istituito dalla legge finanziaria 2007 presso la CDP SpA per il finanziamento di tutte le misure di riduzione delle immissioni dei gas a effetto serra finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto.
Gli ulteriori ostacoli al decollo delle FER sono individuati nella lunghezza degli iter organizzativi e nelle sovrapposizioni normative tra livelli di governo. A tal riguardo nel 2010 il Ministero dell’Ambiente e quello Sviluppo Economico hanno pubblicato le Linee guida sulle energie rinnovabili che rappresentano un primo passo nella giusta direzione. All’interno di questo quadro generale, l’AGDP considera necessaria per le realizzazione degli obiettivi della Green Economy l’azione coordinata ed efficiente dei tre principali protagonisti dei processi di governance, ossia la Pubblica Amministrazione, le imprese e i cittadini.
La Pubblica Amministrazione ha due ruoli in questo ambito: da un lato, deve essa stessa divenire un modello di sostenibilità ambientale (ad es. attraverso gli ‘acquisiti verdi’, il Green Public Procurement e altri sistemi innovativi nella gestione delle risorse), dall’altro, deve farsi portatrice dei valori della sostenibilità ambientale a tutti i livelli digoverno, proponendo ad esempio modelli di finanziamento misti. La Green Economy deve coinvolgere soprattutto il mondo delle imprese con una partnership pubblico-privato che ponga le basi per un nuovo “Patto per l’Ambiente” estimoli una massa critica di investimenti volontari nel settore. Ciò nella consapevolezza che solo con la collaborazione delle categorie produttive sarà possibile innovare profondamente i processi della produzione e realizzare bilanci che siano non solo etici ma anche “sostenibili”. La sfida ambientale deve diventare, quindi, una reale occasione permigliorare la competitività delle imprese e rafforzare la loro capacità di penetrazione nel mercato. Quanto ai cittadini, le misure più rilevanti concernono l’educazione ambientale nelle Scuole e nelle Università, il miglioramento degli approvvigionamenti e una cultura del risparmio nei consumi, in modo da dare il giusto valore alla componente ambientale ed internalizzarne i costi. Emerge, quindi, come l’attuazione di una politica di tutela dell’ambiente si debba necessariamente inserire nel contesto di una più generale politica industriale, caratterizzata da un dialogo costante tra Pubblica Amministrazione, imprese e cittadini sulle nuove sfide ambientali per far sì che l’ambiente, da limite allo sviluppo, diventi motore trainante della ripresa economica attraverso l’apertura di nuovi settori di investimento ed occupazione. Sulla base di queste riflessioni e proposte si è sviluppato il dibattito successivo. Tra i principali profili messi in evidenza, va rilevato, anzitutto, quello della mancatariforma dell’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che contiene una generica quanto controversa attribuzione della materia “tutela dell’ambiente” alla legislazione esclusiva statale. In particolare, detta norma, non riservando alla competenza legislativa dello Stato anche la materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” – rimessa invece alla potestà concorrente di Stato e Regioni – ha provocato un conflitto permanente tra i due livelli normativi, risolto, di volta in volta, attraverso il contributo “suppletivo” della Corte Costituzionale.
Ulteriori considerazioni hanno riguardato il rapporto tra energie rinnovabili e attrazionedegli investimenti. Le energie rinnovabili rappresentano, infatti, il maggior punto di sollecitazione delle aziende estere per gli investimenti nel nostro Paese. Tali aziende chiedono, in particolare, di sfruttare il nostro territorio per utilizzare pannelli o altre tecnologie prodotte nel loro territorio, ma emerge, sotto questo profilo, un problema di tempi e di certezza per gli investitori. L’auspicio è di “agganciare il treno delle nuovetecnologie” (non tuttavia nella prima generazione delle tecnologie); mettere le green tecnologie nelle filiere, nelle quali l’Italia è protagonista nel mondo; trovare un equilibrio tra le energie volte a finanziare le fonti rinnovabili e la creazione di uno sviluppo in temadi occupazione; creare una capacità di innovazione di processo continuativo (che rappresenta il punto di forza dei prodotti italiani stimati all’estero) ed infine “faresistema” e creare un circolo virtuoso tra il rispetto dei tempi, l’innovazione e la creazionedi filiere. Sullo sfondo dei vari contributi al dibattito è emerso come l’espressione Green Economy possa riguarda molti ambiti senza, tuttavia, individuarne nessuno di preciso, data l’assenza di un criterio che classifichi un’attività economica come più o meno verde rispetto ad un’altra. In sostanza, gli investimenti in Green economy sono indirizzati, per definizione, verso best practices volte al miglior risultato con il minor consumo, senza che si trascurino, tuttavia, valutazioni di impatto sociale e di sviluppo tecnologico che possono diversamente orientare le traiettorie e le diverse possibili declinazioni del fenomeno. Al riguardo, il contesto mondiale ha visto nel 2010 la Cina raddoppiare gli investimenti in tecnologie innovative rispetto agli USA, e l’Europa giocare, invece, un ruolo del tutto marginale. In questo quadro, la soluzione più rapida per diminuire le emissioni risiederebbe nell’utilizzo dei biocarburanti, prodotti dalla canna da zucchero. Tuttavia il loro utilizzo rimane limitato per la presenza, a livello WTO, di barriere tariffarie che ne impediscono l’importazione (essi sono infatti classificati come food commodities e non come energy commodities e pertanto sottoposti a requisiti più stringenti), così sancendo di fatto la prevalenza delle istanze protezionistiche. Importanti riflessioni sono state svolte anche dai rappresentanti di rilevanti aziendeoperanti nel settore, ossia l’ENEL e l’ENI. In particolare, è stato evidenziato come il contesto italiano sia caratterizzato da un grande consumo di combustibili fossili, gas epetrolio e dalla continua ricerca di una vera alternativa al nucleare che, tuttavia, è difficileda individuare. Altrettanto rilevante può risultare la creazione delle cosiddette “Reti intelligenti”: la rete elettrica non è più, infatti, solo un canale per trasmettere e distribuireenergia elettrica dalle grandi centrali ai clienti finali, ma una rete “intelligente”, ovvero una “Smart Grid”, una rete comune in grado di fare interagire produttori e consumatori,di determinare in anticipo le richieste di consumo e di adattare con flessibilità la produzione e il consumo di energia elettrica. Sono stati, infine, svolti due rilievi che possono orientare il settore dell’industria italiana: il primo riguarda l’esperienza nel polodi Porto Torres dove Eni ha trasformato un impianto petrolchimico in un impianto bioproduttivo, utilizzando i residui come biomasse; il secondo è la convinzione che il prezzo del petrolio non sia in realtà troppo caro e che, piuttosto, sia opportuno ridurre iconsumi e ridurre, quindi, i costi, anche ambientali, in questa direzione. In conclusione, il Seminario ha evidenziato l’assoluta centralità dei temi della GreenEconomy in un’ottica di buona governance delle politiche di sviluppo. La Green economy è un treno che non bisogna perdere per il rilancio del sistema economico e questa sfida deve vedere l’impegno congiunto di tutti: Amministrazioni, organizzazioni imprenditoriali e cittadini. Risultano innegabili le criticità di un modello ancora in divenire, soprattutto con riferimento all’uso sostenibile delle risorse energetiche che intreccia più di ogni altro i temi della tutela ambientale e dello sviluppo economico. L’obiettivo è quello di realizzare una corretta integrazione tra le differenti istanze ed assicurare, quindi, una “giusta dimensione” (right sizing) degli interessi ambientali rispetto a quelli economici. Il compito di conseguire queste finalità va affidato, in prima istanza, alle Amministrazioni pubbliche che devono garantire un terreno fertile su cui imprese e cittadini possano efficacemente operare, assumendosi, a loro volta, la responsabilità di compiere scelte orientate all’innovazione, alla competitività e allo sviluppo sostenibile.