Ora, però, questo ex dirigente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) che ha sgomitato per fare carriera nel Pd arrivando fino alla segretaria nazionale durante la gestione di Dario Franceschini si ritrova di nuovo sotto assedio. Melilli è infatti presidente di un altro carrozzone finito nel mirino: l’agenzia per la gestione dell’albo dei segretari comunali (Ages). Un ente che quest’anno costerà 128 milioni di euro, la stessa cifra che serve per amministrare una città di 185 mila abitanti come Parma. Un fiume di soldi spesi fino a oggi in perfetto spirito bipartisan visto che nel consiglio di amministrazione sono rappresentate tutte le parti politiche. Oltre a Melilli siedono al vertice dell’agenzia Adriana Vigneri, ex parlamentare Ds ed ex sottosegretario agli interni, Carlo Paolini, ex city manager di Firenze e sodale di Leonardo Domenici (ex sindaco del capoluogo toscano ed ex presidente Anci), e, da qualche mese, anche l’Obama italiano, il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Per il Pdl ci sono invece Daniela Ruffino, sindaco di Giaveno (Torino) molto vicina a Osvaldo Napoli, ossia l’uomo che presidia la partita degli enti locali per conto del centrodestra, oltre che Ida Nicotra, considerata in quota al sindaco di Roma Gianni Alemanno. A loro si deve l’approvazione dell’ultimo incredibile bilancio previsionale. Per garantire la gestione dell’albo dei segretari comunali e i corsi di formazione l’Ages spenderà dunque 128 milioni di euro. A concorrere al record sono voci come i 14 milioni di euro da impiegare per acquistare e ristrutturare nuovi immobili, i 35 milioni per le scuole di formazione o i 2,7 milioni per mantenere il cda e i 18 consigli delle sedi regionali in cui siedono 168 consiglieri (tanto per fare un esempio una società quotata come Piaggio con 7 mila dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato spende per il consiglio di amministrazione 1,4 milioni all’anno, ossia il 50% in meno dell’Ages). Ma siccome paga Pantalone, sono indispensabili anche 880 mila euro per la rassegna stampa e per pubblicare la rivista Ages News. Così come servono, piccolo paradosso, 220 mila euro per la formazione del personale malgrado la mission dell’agenzia sia proprio quella di formare i dirigenti della pubblica amministrazione. Gli stipendi e le spese di gestione per le sedi assorbono altri 15 milioni circa e poi ci sono altri 1,3 milioni per gli imprevisti. Facile, insomma, arrivare a sfiorare i 130 milioni. Tanto che in tempi di vacche magre qualcuno si è accorto dell’impresentabilità di un’agenzia alimentata con fondi pubblici (il grosso delle entrate è rappresentato dalle quote versate dai comuni) che ha un budget di spesa due volte superiore a quello dell Antitrust. Il primo a suonare la campanella di fine ricreazione è stato il finiano Italo Bocchino sostenendo che l’Ages va tagliata e che le competenze potrebbero essere trasferite al ministero dell’interno. Sulla stessa lunghezza d’onda è poi uscito un documento dell’Associazione delle Giovani classi dirigenti pubbliche (Agdp) indicando l’agenzia nell’elenco degli enti da tagliare in occasione della manovra. Una serie di attacchi che ha spinto Melilli ad ammettere che il carrozzone così come è risulta «ridondante e costoso» sperando che la bufera passasse. E invece il 21 giugno al Senato nell’articolato della manovra finanziaria sono spuntati ben due emendamenti per sopprimere l’Agenzia dei segretari comunali.Uno dei firmatari è il senatore Pdl Salvo Fleres (sua la paternità anche dell’emendamento che ha già riscritto l’articolo 41 della costituzione) che chiede di trasferire le competenze e il personale alla presidenza del consiglio oltre che di ridurre i costi a carico dei comuni per la gestione dei segretari a 20 milioni di euro. Risparmiando così subito 40 milioni di euro all’anno. «Per svolgere l’attività dell’Agenzia si tratta di risorse sufficienti, e poi si eliminerebbe un organismo pletorico, con ben 168 consiglieri di amministrazione», spiega Fleres. L’altro emendamento è stato presentato dal senatore della maggioranza, Candido De Angelis. Vale infine evidenziare che al taglio di spesa ottenuto con la riduzione dei trasferimenti andrebbero inoltre aggiunti i 30 milioni di fondo cassa e il patrimonio immobiliare. Un mini tesoretto che vale circa 70 milioni di euro di una tantum su cui lo stesso Giulio Tremonti potrebbe decidere di fare affidamento. Con buona pace di Melilli.
L’albo dei segretari che vale 128 milioni
Questa volta rischia di non cavarsela. Fabio Melilli, presidente delle provincia di Rieti, lo scorso 8 giugno esultava con le agenzie di stampa rivendicando di avere fatto passare un emendamento che lo metteva al riparo dalla mini sforbiciata sugli enti locali. In pratica stabilendo che le province con 150 mila abitanti e il 50% del territorio montano non vanno abolite è stato tracciato proprio l’identikit di Rieti. Salvando così la provincia e la poltrona del suo presidente. Un tipico bizantinismo a cui ha contribuito Mellili.
Andrea Ducci