Riportiamo l’articolo apparso su ItaliaOggi del 17 Marzo 2011.
La valutazione 2010 di un dirigente congelata per 3 anni
Bravi e per sempre
Merito, si rischia un boomerang
di Alessandra Ricciardi
Alla fine potrebbe rivelarsi un vero boomerang. E spazzare via il merito per tre anni anche per i dirigenti pubblici. Quelli per i quali la valutazione ai fini della differenziazione del salario accessorio era già prevista in passato, anche se in verità solo sulla carta, da prima della riforma Brunetta. Con l’intesa firmata dal governo e sindacati a Palazzo Chigi il 4 febbraio scorso febbraio, e ora all’Aran per la fase applicativa, c’è il rischio invece che non si faccia più nessun tipo di valutazione. In questi giorni i direttori generali delle varie amministrazioni, chiamati a valutare i propri dirigenti per l’operato 2010, se la stanno vedendo brutta. I sindacati di categoria, con l’accordo in mano, stanno infatti pretendendo che questo si applichi anche ai dirigenti. L’intesa dice che l’attuazione dell’art. 19 del decreto 150 non può portare ad una riduzione complessiva della retribuzione dei singoli rispetto a quanto percepito nell’anno 2010. Una specifica richiesta dai sindacati per evitare che non potendo le amministrazioni dare aumenti ai più bravi, per il blocco degli stipendi deciso dall’ultima manovra, si potessero invece ridurre i salari dei meno bravi. I sindacati hanno tradotto la precisazione dicendo che questo significa dover assicurare la retribuzione massima riconosciuta nel 2010 anche negli anni 2011, 2012, e 2013. E qui si arriva ai dirigenti, per i quali l’accordo non prevede nessuna esclusione.
Dunque, un dirigente che nell’anno 2010 è stato bravo, e nell’anno 2011 non lo sarà, avrebbe diritto alla luce dell’intesa ad avere sempre il massimo riconosciuto nel 2010. Questa la tesi del sindacato. E allora tanto vale non darlo, quel massimo, è la tentazione di alcune amministrazioni. Insomma, un vero pasticcio. Con effetti paradossali su quegli uffici che in questi anni avevano iniziato a differenziare i salari in base alla valutazione sia del personale/delle qualifiche che, soprattutto, del personale dirigenziale per il quale lo screening esiste da tempo. E non è finita. Perché nei contratti della dirigenza dei ministeri e degli enti pubblici non economici da poco rinnovati è stata inserita una norma che impone di differenziare già per il 2010, proprio alla luce dell’innovazione introdotta dalla riforma Brunetta. Valgono ancora, quei contratti? «C’è un malessere e una incertezza diffusi nelle amministrazioni», spiega Pompeo Savarino, presidente dell’Agdp, l’associazione che riunisce i giovani dirigenti della pubblica amministrazione, «e c’è l’eventualità concreta non solo che la riforma Brunetta non vada avanti, ma che si facciano dei passi indietro rispetto a quanto, già sperimentato finora. Intanto noi dirigenti stiamo in mezzo». L’Agdp è la stessa associazione, che si batte perché invece la riforma di Renato Brunetta sia applicata in modo più rigoroso ed efficace.
Tra l’altro, nessun aiuto a disbrigare la matassa giuridica arriva dall’atto di indirizzo all’Aran, l’agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego che dovrà tradurre in atti specifici l’intesa generale di Palazzo Chigi. E dove probabilmente si scaricherà il problema: è giuridicamente vincolante -l’intesa politica oppure occorre applicare l’art. 19, che è legge dello stato?
La stessa circolare n. 1/2011 del ministro Brunetta non chiarisce nulla in merito.
«I sindacati così sono tornati più forti di prima», dice un dirigente della Presidenza del consiglio dei ministri. Dove peraltro però, così come al ministero dell’economia, il decreto, 150 non si applica direttamente. Di certo non era questo l’effetto a cui puntava Renato Brunetta.
Fonte: ItaliaOggi