Quali sono le principali iniziative promosse dal Dipartimento per favorire la conciliazione vita/lavoro?
Le azioni intraprese nella direzione della conciliazione mirano a favorire l’equa distribuzione dei carichi di cura e a conquistare nuovi modelli di organizzazione del lavoro che consentano alle donne di accedere e permanere nel mondo del lavoro.
La conciliazione vita/lavoro non è più solo una “questione femminile”, ma si inserisce in una dimensione più ampia che riguarda l’economia e lo sviluppo del nostro Paese e rappresenta un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali in quanto si propone di fornire quegli strumenti che rendono compatibili la sfera lavorativa e la sfera familiare e che consentono, a ciascun individuo, di vivere al meglio i molteplici ruoli che svolge all’interno della società.
Le politiche di conciliazione interessano donne e uomini, datrici e datori di lavoro; toccano la sfera privata, ma anche quella pubblica, politica e sociale e hanno un impatto evidente sul riequilibrio dei carichi di cura all’interno della coppia, sull’organizzazione del lavoro nonché sul coordinamento dei servizi di interesse pubblico.
A livello nazionale sono state avviate molteplici iniziative, orientate a favorire il radicamento e lo scambio delle migliori esperienze, nonché la sperimentazione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro.
Penso alla legge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, nella quale sono presenti specifiche disposizioni volte a favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, specie in quei contesti caratterizzati da una limitata partecipazione delle stesse rispetto agli uomini, con l’obiettivo di diminuire un divario che si è fatto particolarmente acuto nelle Regioni del Mezzogiorno.
In particolare, la menzionata legge riconosce sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro che assumono, a decorrere dal 1° gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, che risiedono in Regioni ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali dell’Unione europea o che risiedono in aree individuate dal regolamento CE n. 800/2008 (c.d. lavoratori svantaggiati) o donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi ovunque residenti.
Inoltre, in considerazione del fatto che la mancanza e il costo elevato dei servizi di supporto nelle attività di cura rappresentano un ostacolo per il lavoro a tempo pieno e per l’ingresso nel mercato del lavoro per migliaia di donne, la citata legge introduce misure volte a garantire maggiori servizi e un’organizzazione del lavoro tali da consentire ai genitori una maggiore assistenza dei propri figli, rafforzando contestualmente la tutela della genitorialità.
Si pensi, ad esempio, all’introduzione del congedo di paternità obbligatorio, in linea con quanto previsto in altri Paesi Europei e con la direttiva 2010/18/EU, che dovrà essere riconosciuto al padre lavoratore entro 5 mesi dalla nascita del figlio, o all’introduzione di un voucher per la prestazione di servizi di baby sitting, o per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.
In tale contesto si inserisce, poi, la nuova Intesa Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, predisposta proprio dal Dipartimento per le pari opportunità ed approvata dalla Conferenza Unificata il 25 ottobre scorso, il cui finanziamento è pari a 15 milioni di euro.
L’Intesa due, come è stata chiamata dagli addetti ai lavori, rappresenta la naturale prosecuzione degli interventi avviati con quella precedente, che era stata sottoscritta nel 2010 e i cui positivi risultati hanno costituito un’ulteriore spinta a proseguire nella medesima direzione.
Tra le principali azioni realizzate con la prima Intesa ricordo: le attività formative per le donne adulte uscite dal mercato del lavoro per esigenze di conciliazione; il rafforzamento dei servizi per l’infanzia; l’erogazione di voucher per l’acquisto dei servizi di cura ed incentivi alle imprese per innovare istituti contrattuali e promuovere modalità di lavoro flessibili.
Con l’Intesa due (informazioni dettagliate sono rintracciabili sul sito www.pariopportunita.it) ci siamo posti come obiettivo strategico quello di aumentare l’occupazione femminile attraverso specifiche azioni, quali: il miglioramento dei servizi di cura, l’introduzione di modalità contrattuali e forme flessibili di organizzazione del lavoro, la promozione dei congedi parentali per i padri nonché iniziative sperimentali a carattere innovativo anche promosse e coordinate dal Dipartimento per le pari opportunità.
Ritengo, infatti, che il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro rappresenti un’utile chiave di lettura per individuare le cause della disoccupazione femminile e per mettere a punto sistemi e ulteriori strumenti per favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro.
E’ noto l’impegno del Dipartimento contro le MGF. Quali sono le proposte future per una efficace politica di prevenzione?
Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono una terribile ed atroce pratica che coinvolge nel mondo circa 140 milioni di donne e bambine e che procura danni irreparabili sia fisici che psichici senza alcuna motivazione di ordine sanitario.
Molto è stato fatto a livello internazionale ed europeo per inserire sistematicamente la lotta alle mutilazioni genitali femminili in quella più generale contro la violenza di genere e la violenza nei confronti delle donne ed in questa scia si collocano le azioni poste in essere dal Dipartimento per le pari opportunità.
Spetta, infatti, al Dipartimento, sulla base di quanto stabilito dalla legge n. 7 del 2006 recante “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto della pratica della mutilazione genitale femminile”, il compito di promuovere e sostenere il coordinamento delle attività svolte dai Ministeri competenti nell’ambito della prevenzione, assistenza alle vittime ed eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale femminile. In tale contesto nel gennaio 2011 il Dipartimento per le pari opportunità ha redatto il secondo Piano Programmatico riguardante le priorità di intervento nazionali di prevenzione e contrasto delle mutilazioni genitali femminili. Attraverso il secondo Piano Programmatico si intendono realizzare interventi tesi alla predisposizione di modelli di intervento innovativi e sperimentali finalizzati all’attuazione di una strategia di sistema nazionale volta a favorire l’integrazione sociale di donne e minori, vittime o potenziali vittime, di pratiche di mutilazioni genitali femminili; alla realizzazione di corsi di formazione specifica, mirati a coloro che operano su questo tema o in ambiti connessi, per la facilitazione delle relazioni tra le istituzioni e la popolazione migrante di origine africana; alla promozione di attività informative e di sensibilizzazione. Al fine di diffondere una cultura volta alla prevenzione e al contrasto delle mutilazioni genitali femminili, il Dipartimento ha lanciato, nel 2009, anche uno spot di comunicazione sociale dal titolo “Nessuno Escluso”.
Contro le pratiche di mutilazione genitale femminile è attivo anche un Numero Verde Gratuito “800 300 558” gestito dalla Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno. Le telefonate sono ricevute da personale specializzato del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che, oltre all’assistenza, ha il compito di comunicare le eventuali notizie di reato alle Squadre Mobili territorialmente competenti. Per quanto attiene l’ambito internazionale, vorrei ricordare che l’Italia ha supportato la realizzazione della campagna europea “END FGM” promossa da Amnesty International che ha sostenuto la forte richiesta fatta dal Parlamento europeo per porre fine alle mutilazioni genitali femminili attraverso una risoluzione congiunta adottata il 14 giugno 2012. Il nostro Paese, in tale ambito, ha inoltre conquistato un ruolo di interlocutore privilegiato con i Paesi africani che hanno presentato la Risoluzione sulle MGF all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, adottata il 26 novembre 2012 e co-sponsorizzata da oltre 110 Paesi (inclusi 50 Paesi africani).Peraltro, in occasione della 57esima Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione Femminile (CSW), tenutasi a New York dal 4 al 15 marzo 2013, l’Italia, in collaborazione con il Burkina Faso, l’UNICEF e l’UNFPA, ha organizzato un side event dal titolo “From resolution to elimination: Governmental and inter-governmental plans to intensify efforts for the elimination of female genital mutilations”. L’evento, finalizzato a riaffermare l’impegno per l’eradicazione di questa pratica, ha coinvolto non solo il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità, ma anche altri Ministri, diplomatici e attivisti dei diritti umani, riscuotendo un notevole interesse tra il pubblico presente alla Sessione.
Il Dipartimento lavora fortemente a sostegno delle vittime di violenza di genere e stalking. Quali gli interventi?
Fin dall’inizio del mio incarico istituzionale di Capo Dipartimento per le pari opportunità ho voluto impegnarmi con decisione nel porre in essere azioni positive volte al contrasto della violenza contro le donne: donne maltrattate, umiliate, offese, denigrate, perseguitate.
Il Dipartimento per le pari opportunità, in attuazione del primo “Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking” ha pertanto posto in essere numerose attività tese ad affrontare il tema della violenza di genere in modo organico ed in sinergia con i principali attori coinvolti a livello territoriale. Ciò ci ha consentito di realizzare, nell’ultimo anno, numerosi interventi volti a sostenere i centri antiviolenza, le case rifugio e gli altri servizi pubblici e privati di aiuto alle donne vittime di violenza.
Nello specifico, mediante la pubblicazione di tre Avvisi pubblici il Dipartimento per le pari opportunità ha destinato risorse finanziare ad interventi di sostegno ai centri antiviolenza e alle strutture pubbliche e private, al fine di ampliare il numero di servizi offerti alle vittime e favorire la riapertura di alcune strutture che – negli ultimi mesi – erano state costrette a chiudere per mancanza di risorse.
In particolare, sempre mediante Avviso pubblico, abbiamo voluto privilegiare la formazione degli operatori sanitari che svolgono attività di prima accoglienza alle vittime di violenza sessuale e domestica. Tale formazione renderà possibile l’attivazione, su tutto il territorio nazionale, di 27 strutture di Pronto Soccorso in grado di fornire un’assistenza specialistica alle donne vittime di violenza. Gli interventi formativi offerti hanno carattere pluri ed interdisciplinare e sono finalizzati a fornire una conoscenza approfondita del fenomeno della violenza sessuale, domestica e dello stalking, ad aiutare gli operatori nel riconoscere tempestivamente i casi in cui le donne sono vittime di violenza e a fornire alle vittime adeguata assistenza sanitaria.
Un’ulteriore azione positiva, realizzata nel 2012, è consistita nell’organizzazione di un percorso formativo multidisciplinare per giovani avvocati residenti nelle Regioni Convergenza che intendano conseguire una specifica qualifica professionale nelle materie attinenti a tutte le forme di violenza contro le donne. L’iniziativa è nata per fornire un valido sostegno nelle fasi del procedimento civile e penale e consiste in un percorso finalizzato alla creazione di vere e proprie Task Force Legali in ciascuna Regione Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), “Avvocati che difendono le donne”, professionisti competenti in grado di assistere da un punto di vista legale le donne vittime di violenza.
In linea, poi, con le indicazioni formulate all’Italia dal Comitato CEDAW (Committee on the Elimination of Discrimination against Women) il Dipartimento per le pari opportunità ha stipulato altresì, nell’aprile del 2012, una Convenzione con l’ISTAT per la realizzazione di una nuova indagine nazionale sulla “Sicurezza delle donne”. L’indagine si pone come obiettivo quello di fornire, a sei anni di distanza dalla prima pubblicazione dei dati sul tema della violenza di genere, stime aggiornate sulla violenza fisica e sessuale, sulla dinamica della violenza, sulle conseguenze e sui fattori di rischio, con particolare attenzione alla violenza agita dal partner (violenza psicologica, economica, fisica e sessuale). Il progetto intende analizzare ed approfondire il tema della violenza contro le donne attraverso l’analisi dei mutamenti dei comportamenti violenti nel tempo. La nuova indagine permetterà , altresì , di evidenziare gli elementi utili al monitoraggio della Legge sullo stalking dal punto di vista delle vittime, ed inoltre, di individuare i differenziali di violenza per le donne affette da disabilità o da problemi di salute.
Nell’ambito delle azioni di informazione e di sensibilizzazione rientra, anche, l’importante iniziativa, svolta presso le scuole di ogni ordine e grado, della “Settimana contro la violenza”.
La scuola può e deve contribuire a rimuovere ogni forma di intolleranza, violenza, pregiudizio e discriminazione, promuovendo la crescita comune dei giovani, evitando divisioni, discriminazioni e pregiudizi, favorendo un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali, sull’educazione alla legalità e al rispetto tra i generi. E’ per questo che nell’ambito della “Settimana contro la violenza” si promuovono, attraverso corsi rivolti a docenti, discenti e genitori, iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica. Ritengo, infatti, la dimensione formativa e culturale decisiva per educare la società ai valori dell’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, al valore contenuto nell’ articolo 3 della nostra Costituzione.
Altrettanto importanti sono state, sono e continueranno ad esserlo le campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sul fenomeno della violenza contro le donne. Mi riferisco alla campagna – realizzata nei mesi scorsi – del numero verde di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking “1522” basata sul claim “Difendi la tua libertà. Inizia a riscrivere la tua vita”. Con questa campagna di sensibilizzazione abbiamo sia sottolineato che ogni forma di violenza agita nei confronti delle donne è un crimine (nella maggior parte dei casi commesso tra le mura domestiche ) sia invitato, sollecitato, le donne vittime di violenza a “riappropriarsi della loro vita” contattando il numero verde “1522” e ricominciare, finalmente, a vivere libere da ogni condizionamento e paura.
Consentitemi, infine, di sottolineare l’importanza dell’adesione (il 27 settembre 2011) da parte dell’Italia alla Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica) e l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, in data 11 dicembre 2012, del disegno di legge di ratifica della stessa. Auspico, in proposito, un’approvazione in tempi rapidi da parte del Parlamento.
Come opera la Rete nazionale antiviolenza?
Dal 2006 il Dipartimento per le Pari Opportunità ha sviluppato, mediante l’attivazione del numero di pubblica utilità 1522, cui ho fatto precedentemente cenno. Si tratta di un’ampia azione di sistema per l’emersione e il contrasto del fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne.
Nato e pensato come servizio pubblico nell’intento esclusivo di fornire ascolto e sostegno alle donne vittime di violenza, nel 2009, con l’entrata in vigore della L.38/2009 in tema di atti persecutori, ha iniziato un’azione di sostegno anche nei confronti delle vittime di stalking.
Il numero è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo, russo e arabo. Le operatrici telefoniche dedicate al servizio forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati attivi a livello locale. Lo stile relazionale e comunicativo intrattenuto con le vittime che si rivolgono al 1522 rientra sempre in un quadro di accoglienza partecipata e competente. Il servizio mediante l’approccio telefonico sostiene l’emersione della domanda di aiuto, consentendo un avvicinamento graduale ai servizi da parte delle vittime con l’assoluta garanzia dell’anonimato. Dal 2010, i casi di violenza che rivestono carattere di emergenza vengono accolti con una specifica procedura tecnico-operativa condivisa con le forze dell’ordine.
Il servizio telefonico 1522 rappresenta lo snodo operativo delle attività di contrasto alla violenza di genere e stalking. Ponendosi alla base della metodologia del lavoro “di rete”, assume il ruolo di strumento tecnico operativo di supporto alla Rete Nazionale Antiviolenza. La rete è pensata soprattutto per recepire e diffondere a livello nazionale le azioni realizzate dalle reti antiviolenza a livello locale, chiamate a contrastare il fenomeno della violenza di genere, garantendone, al contempo, i necessari raccordi tra le Amministrazioni Centrali competenti nel campo giudiziario, sociale, sanitario, della sicurezza e dell’ordine pubblico.
I “nodi” della Rete Nazionale Antiviolenza sono gli Ambiti Territoriali di Rete. Si tratta di aree territoriali, Comuni, province o Regioni, con le quali il Dipartimento per le pari opportunità stipula un Protocollo d’intesa al fine di promuovere azioni di sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere, di promuovere la costituzione o il rafforzamento di reti locali atte a contrastare gli episodi di violenza di genere e stalking, di facilitare l’integrazione del servizio nazionale “1522” con le strutture socio-sanitarie presenti in ambito territoriale e, infine, di realizzare seminari tematici pubblici sul tema della violenza di genere.
In tali territori è attivo un dispositivo di accesso diretto ai servizi locali veicolato dal servizio di accoglienza telefonica 1522 (si tratta di un trasferimento diretto di chiamata, dal call center al centro antiviolenza attivo negli orari prestabiliti di apertura al pubblico).
Attualmente gli Ambiti Territoriali di Rete sono le città di Bologna, Palermo, Napoli, Venezia, Pescara, Prato, Cosenza, Isernia, Trieste, Ravenna, Nuoro, Potenza, Aosta, Torino, Latina, Agrigento, Reggio Emilia, Faenza, le Province di Genova, Ancona, Bari, Catania, Caserta, Crotone, Teramo, Pesaro-Urbino e la Provincia Autonoma di Bolzano.
Tra le azioni del Dipartimento è previsto l’ampliamento ed il potenziamento della Rete Nazionale Antiviolenza con l’adesione delle Regioni quale organismo di snodo al fine di realizzare una migliore sinergia del sistema dei servizi di contrasto alla violenza di genere e stalking sui territori locali.
Obiettivo del Dipartimento per le pari opportunità è anche quello di incentivare lo sviluppo della Rete Nazionale Antiviolenza e accrescere, sul territorio nazionale, il numero dei servizi a sostegno delle vittime.
Il nostro Paese sta vivendo una fase molto delicata. Qual’é può essere il contributo di AGDP, dell’Associazione Classi Dirigenti della Pubblica Amministrazione e quindi, in generale, della classe dirigente italiana?
La classe dirigente può e deve svolgere un ruolo fondamentale in questa fase dedicando particolare attenzione anche alle tematiche di genere e favorendo un necessario cambiamento culturale. Le donne nella pubblica amministrazione sono tante e sono brave, è giunto il momento di valorizzarne il talento ed il merito; anche le donne devono sempre più poter ricoprire ruoli apicali e di responsabilità. Ritengo, infatti, che dalla sensibilità e dalla concretezza delle donne possa nascere uno stile di amministrazione e di gestione della res publica più capace di interpretare i bisogni e di offrire risposte a tutti i cittadini, uomini e donne, con uno sguardo più attento ai problemi della quotidianità.