“È inaccettabile l’ordinanza della IV sezione del Consiglio di Stato depositata il 29 novembre scorso sulla vicenda del conferimento di 762 incarichi dirigenziali a personale interno dell’Agenzia delle entrate, non dirigenti di ruolo” – sostiene il Presidente dell’AGDP Pompeo Savarino.
Rispetto al chiaro pronunciamento del Tar Lazio che ha parlato nella sentenza n. 6884/2011 di rischio introduzione e consolidamento nel tempo di “una situazione complessiva di grave violazione di principi fondamentali di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego e delle garanzie relative all’accesso alle qualifiche, alla selezione del personale e allo svolgimento del rapporto“ di impiego, il Consiglio di Stato (relatore Forlenza) sospende l’esecutività della sentenza ritenendo prevalenti le ragioni dell’Amministrazione per garantire la funzionalità degli uffici. Il ragionamento dei giudici d’appello – continua il Presidente Savarino – è deficitario sul piano logico e giuridico: “E’ un po’ come consentire ad un’Amministrazione che ha agito fuori legge assumendo docenti non laureati di continuare ad avvalersene perché, diversamente, il servizio scolastico verrebbe gravemente danneggiato. Ma è evidente che così facendo qualsiasi situazione illegittima rischia di consolidarsi; ed il suo consolidamento può essere visto come un motivo per continuare a legittimare quella stessa situazione di fatto, in un circolo vizioso che, anziché essere spezzato viene finanche incentivato dai giudici amministrativi di ultimo grado. Una brutta, brutta giornata per la Carta Costituzionale, per la giustizia amministrativa e per il pubblico impiego”.
Formalmente l’incarico conferito dall’Agenzia dell’entrate è a titolo di “reggenza”, e prende avvio nel 2010, ma viene rinnovato di anno in anno senza che l’Agenzia delle entrate provveda a bandire i relativi concorsi. Se la palese violazione del principio costituzionale del concorso pubblico è stata rilevata dal Tar Lazio, nella sentenza n. 6884/2011 della II sezione, il Consiglio di Stato, almeno in sede cautelare, ha sospeso con la predetta ordinanza quel verdetto, ritenendo prevalenti le ragioni dell’Amministrazione finanziaria alla continuità amministrativa, e ritenendo, in sostanza, che l’annullamento degli atti di conferimento producesse danni maggiori rispetto al ripristino della legalità.