Autoritratto dei manager italiani di oggi

Risorse sovraumane
  • Titolo:Risorse sovraumane
  • Autore:Monica Fabris, Emma Villa
  • Editore:Franco Angeli

Risorse sovraumane

Autoritratto dei manger italiani di oggi

di Monica Fabris, Emma Villa

Come si percepiscono oggi i manager italiani? In che valori, stili di vita, modi di pensare e lavorare si riconoscono dopo una crisi che li ha colpiti duramente e insieme ne richiede ancor più le competenze per rilanciare la competitività delle imprese?

Risponde una ricerca voluta da Federmanager e realizzata con una doppia metodologia: prima osservando a fondo, come antropologi, una gruppo ristretto di manager e poi, sulla base dei primi risultati, allargando l’osservazione ad una campione molto più ampio tramite un questionario.

Dimenticare il cliché del manager individualista, egoista, interessato solo al potere e ai soldi, uno che si sente un privilegiato e non esce dai recinti mentali della propria azienda.

Oggi i manager italiani si sentono piuttosto portatori di una nuova cultura centrata sul merito e sulla responsabilità; dei combattenti che mettono in campo strumenti e doti personali per dare un contributo decisivo al paese; delle persone in carne ed ossa mosse da passioni e aspirazioni.

Chiudono il libro alcune interviste sui manager italiani: di Giorgio Squinzi, Susanna Camusso, Angelo Bagnasco, Giulio Sapelli.

 

Prefazione 
di Giorgio Ambrogioni

Una “fotografia” in movimento. È questa la sensazione che  si ricava leggendo quanto emerso dalla ricerca voluta da Federmanager  e realizzata dall’Istituto Episteme di Milano. Un’indagine  introspettiva finalizzata a cogliere come i dirigenti italiani  intendono il loro ruolo e la loro funzione sociale. Ma non c’è  solo questo. Federmanager ha ideato e promosso questo studio  più che mai consapevole dell’esigenza di far cogliere alla collettività  i valori che connotano il ruolo manageriale, la valenza  strategica del lavoro svolto da questa categoria, che negli ultimi  tempi è stata fatta oggetto di giudizi sommari e demagogici,  provenienti da una parte della politica e del mondo dell’informazione.  Si sta, infatti, usando il termine manager facendo di  tutta l’erba un fascio con la grave conseguenza che la gente finisce  col non saper distinguere tra i veri manager (il cui percorso  è il risultato di un processo meritocratico) alcuni ruoli paraimprenditoriali  (titolari di livelli retributivi fuori misura) e  amministratori di aziende a controllo pubblico, che troppo spesso  continuano a rivestire incarichi prestigiosi grazie alla loro  contiguità con la politica.
Per arginare questa deriva la Federazione sta portando avanti  una battaglia prima di tutto culturale oltre che sindacale e politica,  un’operazione verità che deve contribuire a restituire ai veri  dirigenti quel credito e quella limpidezza di immagine che  hanno guadagnato sul campo, operando in ottemperanza ai loro  compiti per favorire la crescita delle imprese. I dirigenti che Federmanager  rappresenta sono persone che dopo una vita di studio  e di impegno hanno dato corpo e sostanza a quel ceto medio  che è stato il “motore storico”, che ha permesso all’Italia di entrare  nel novero delle grandi potenze industriali. Valori come il  merito, la responsabilità, le competenze, l’attenzione al risultato  sono nel DNA di ogni dirigente degno di questo nome, ma sono  anche gli stessi valori che debbono tornare al centro del dibattito  se vogliamo andare oltre una crisi che è prima di tutto morale  e poi politica ed economica. Lo studio che Monica Fabris ed  Emma Villa hanno condotto per noi – e che grazie alla collaborazione  di Pompeo Savarino, presidente AGDP, associazione  classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni, ha coinvolto un  campione di dirigenti che operano nella PA – aiuterà la Federazione  a centrare un primo importante obiettivo: dire basta alla  retorica e alla disinformazione, sfatando dati alla mano ogni superficiale  demagogia, che ha innescato un generale disorientamento  nell’opinione pubblica.
Altro aspetto che in questa fase storica va ribadito e che la  ricerca aiuta a mettere in luce è l’importanza che riveste la figura  manageriale nelle organizzazioni aziendali. Nei contesti  produttivi i manager preparati sono sempre portatori di qualità  ed efficienza anche se ancora è troppo bassa la percezione del  loro peso strategico. Basta considerare che su 160.000 aziende  iscritte a Confindustria Confapi, Confservizi ecc., solo 17.000  hanno al loro interno una figura manageriale esterna alla famiglia.  E sono proprio queste realtà produttive, che realizzando un  giusto mix tra ruolo manageriale e imprenditoriale hanno saputo  reagire alla crisi, dimostrandosi moderne, competitive aperte  all’innovazione. Per cambiare passo occorre dunque mettere in  campo misure che possano favorire l’apertura delle PMI alla  cultura manageriale: questa è la principale sfida che Federmanager  vuole raccogliere e interpretare per il presente e per il futuro.  Gli esiti della ricerca mostrano con chiarezza il salto di paradigma  in atto, facendo vedere l’evoluzione del profilo culturale  e psicologico di un manager che oggi risulta meno attento alla  carriera, ma anche meno legato al denaro. Se si analizzano  con attenzione le risposte dei dirigenti emerge una dialettica tra  la “persona” e il “ruolo”, che si riverbera nelle sembianze di  una tensione etica e nella dimensione di una sensibilità sociale  sempre più spiccata. Il dirigente che sappia farsi interprete delle  esigenze della knowledge society dovrà in sintesi: superare ogni  pregiudizio di “genere” (ormai fuori da tempo); dimostrare di  avere i piedi ben saldati sui territori da cui proviene la ricchezza  dell’esperienza e di tante importanti best practices; saper esercitare  una “testa globale” che gli permetta di catturare tutti i segnali  del cambiamento per tradurli in strategie per la crescita.  Risulta, infine, evidente dall’analisi del contesto storico e  sociale e dalle risposte del campione interpellato che per rispondere  alla complessità del sistema produttivo e all’accresciuta  competizione sarà necessario lavorare su una figura di  manager dotata di quelle capacità tecnico-culturali che gli consentano  di dominare sempre più “vasti orizzonti. L’apocalisse  economica che abbiamo vissuto in questi ultimi anni ha fatto  apparire all’orizzonte l’uomo indebitato, un uomo che non  “mangia futuro”. Ed è questa prospettiva che dobbiamo capovolgere  in maniera definitiva, perché abbiamo bisogno di rinsaldare  le motivazioni, di investire sulle competenze, di valorizzare  le intelligenze per ritrovare la strada della ripresa. Non si  può stare alla finestra, è arrivato il momento in cui bisogna provare  a cambiare le cose, a rischiare davvero. È scoccata “l’ora  x” non solo per la politica, ma per tutti gli ambiti delle nostre  classi dirigenti. Non c’è più spazio per la falsa retorica, siamo  chiamati all’asciutezza concreta di chi non può mancare l’appuntamento  con la storia, animati dalla convinzione che non si  può più sbagliare. Dopo la coscienza della crisi crediamo sia  venuto il tempo del fare. La società nelle sue varie articolazioni  se ne sta accorgendo in ritardo, soprattutto tardi se ne è accorta  la politica troppo presa da una ritualità che non trova più risposte  nella contemporaneità. Per manager e imprenditori abituati  ad essere misurati sulla produttività e sui risultati, potrebbe  aprirsi un momento finalmente favorevole, non lasciamocelo  scappare.
Siamo da sempre una categoria che fa dell’innovazione una  regola di vita. Ci stiamo confrontando con la politica con l’obiettivo  di suggerire delle soluzioni per riformare il mercato del  lavoro, definire politiche industriali e di settore che mancano da  troppi anni, realizzare una equa riforma fiscale, facilitare i processi  di managerializzazione delle Pmi, promuovere la ricerca,  l’innovazione e l’education. Federmanager continuerà a garantire  il suo impegno e quello dei dirigenti che rappresenta sui  grandi temi dello sviluppo economico e sociale che impattano  sulla dimensione locale e nazionale. Il cambiamento di certo  non ci spaventa.
Siamo in prima linea tra chi vuole, con forza, ridisegnare il  profilo di un’Italia migliore.

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