Agdp intervista il presidente dell’ARAN Sergio Gasparrini

Sergio Gasparrini

Sergio Gasparrini

Presidente Gasparrini, il decreto legge dello scorso 31 agosto ha previsto il passaggio di competenze dalla Civit all’Aran in materia di misurazione e valutazione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni. Quali i prossimi passi?

Certamente si tratta di competenze molto impegnative ed importanti per il buon funzionamento delle pubbliche amministrazioni, sulle quali ereditiamo un lavoro molto articolato e ricco di elementi, grazie al notevole impegno dedicato da Civit in questo ambito.
Nell’immediato, dobbiamo affrontare i problemi connessi al passaggio delle competenze, tenuto conto che sono in corso numerose procedure di rilascio di pareri e chiarimenti per le quali le amministrazioni sono in attesa di risposte.
In prospettiva, sarà nostro compito, proseguendo nel solco già delineato da Civit e valutando lo stato dell’arte, rendere sempre più effettiva ed efficace l’attività di misurazione e valutazione dei risultati. Vi è stato un lavoro molto importante di definizione di procedure e di standardizzazione dei metodi. Probabilmente vi è ora la necessità di migliorare la qualità e l’efficacia degli strumenti di misurazione. Avere una maggiore visibilità e chiarezza sui risultati, pur nella consapevolezza delle oggettive difficoltà che riveste la misurazione di performance in ambito pubblico, significa introdurre nel sistema PA un forte incentivo a fare meglio, ad utilizzare con più efficienza le risorse, a rendere migliori servizi ai cittadini.

In che modo può contribuire AGDP e quindi la classe dirigente italiana?

La valutazione della performance non è solo un problema tecnico. Le tecniche e gli strumenti (ma anche le norme) come sappiamo, funzionano quando vi sono capacità ed intelligenze diffuse. Qui viene in gioco il ruolo di una moderna “classe dirigente” che sia in sintonia con le necessità e le esigenze del cambiamento e della innovazione. Peraltro, la misurazione della performance è utile anche per chi dirige, perché migliora la qualità delle decisioni e consente di avere punti di riferimento per svolgere con più efficacia il mestiere di “dirigente”.
In questo senso, ritengo che l’Associazione Classi Dirigenti della Pubblica Amministrazione possa contribuire in maniera determinante e fattiva a rendere più vicina agli standard europei la nostra pubblica amministrazione.

Presidente nell’ultimo rapporto ARAN sulle retribuzioni tra i vari dati evidenziati c’è quello dell’età:i dipendenti pubblici in Italia sono i più anziani rispetto a quelli degli altri paesi OCSE. Secondo lei quale potrebbe essere la strada da intraprendere per tentare di allinearci all’Europa?

Il problema dell’invecchiamento della popolazione dei dipendenti pubblici è oggettivo e reale, come dimostrano i dati diffusi nel Rapporto Aran da lei citato. Senza cedere ad una facile retorica giovanilista, oggi molto in voga, ritengo che, oggettivamente, questo costituisca un problema per l’innovazione organizzativa delle amministrazioni. Vi sono certamente riflessi su aspetti come la motivazione, le competenze professionali, più in generale, la propensione al cambiamento ed all’innovazione. Inoltre, in un sistema che non vede (o vede in misura molto ridotta) l’ingresso di nuove leve si interrompono quei processi di trasmissione delle competenze e dei saperi professionali tra anziani e giovani, così importanti nelle organizzazioni.
Si tratta, come sappiamo, di un effetto collaterale degli interventi di contenimento della spesa e delle conseguenti misure di blocco del turn-over, a cui si sono aggiunti recentemente gli interventi di riforma del sistema pensionistico che hanno innalzato l’età di uscita dal lavoro: tali politiche, hanno certamente avuto effetti positivi e benefici sulla spesa (come nello stesso Rapporto Aran si evidenzia), ma hanno inevitabilmente prodotto un innalzamento dell’età media dei pubblici dipendenti: in Italia, si registra, nelle amministrazioni centrali, un dato di età media superiore ai 50 anni, tra i più elevati dei paesi Ocse. Anche confrontando i dati con i settori privati italiani, risulta evidente come la Pa rappresenti il settore maggiormente “anziano”. Superata la fase di più acuta emergenza economica e finanziaria, ritengo necessario che le politiche sulla PA affrontino anche questa problematica. E’ possibile, a mio giudizio, coniugare rigore e obiettivi di spesa con le esigenze di innovazione. Non vi è solo il tema dei nuovi concorsi, ma anche quello dell’utilizzo di strumenti che favoriscano l’ingresso di giovani (come ad esempio l’apprendistato) sulla scorta di quanto stanno facendo anche altri paesi europei.